L’installazione di Quiet Ensemble si è nutrita di sogni bellissimi e incubi terrificanti.
Li ha raccontati mostrandone solo ciò che è puramente emozionale: i sospiri e le pause.
I movimenti incontrollati come le azioni automatiche sono divenute veicolo di una descrizione tutta fisica, gestuale e prossemica, mentre l’assenza delle parole lasciava trasparire una riflessione sull’intraducibilità della vita onirica.
Il lavoro realizzato abbracciava opposti che convivono.
Dall'allestimento, una proiezione su un letto di antica foggia disposto nel bel mezzo di un giardino, alla scrittura del sogno, tutto senza che fossero dette parole. Sono importanti? Indubbiamente.
E se a parlare fosse l'anima, la parte più a nudo? Cosa si potrebbe ascoltare, comprendere dell'altro, o di noi stessi, osservando ciò a cui non si presta attenzione?