Una delle passioni di Marco Di Giovanni è “murare” le persone, ma non è una pratica di spietato sadismo, nonostante la stazza dell’artista possa incutere timore. Piuttosto, le persone da lui rinchiuse nelle sue sculture, cisterne o ambienti, sono i “materiali” di alcune sue opere. Figure ammalianti e sensuali possono essere osservate e possono a loro volta osservare, attraverso spioncini che mettono in dialogo il dentro e il fuori, capovolgendo la visione.
Così per Seminaria sogninterra, ispirato dai racconti di streghe e miti del territorio, Marco ha rinchiuso tre belle Janare nella stessa cantina che nell’edizione precedente era stata destinata alla Janara graffiata sul muro di Christian Ghisellini (tra l’altro, caro amico di Marco).
Visioni delicate e sensibili hanno ammaliato e turbato il pubblico, non più sicuro di cosa fosse reale e cosa no. Come sempre, infatti, il lavoro di Marco ha minato, attraverso i suoi dispositivi, le nostre certezze sui concetti di realtà e finzione.
Giocando sull’innato voyeurismo dell’osservatore classico, Marco ci ha proposto uno schema di fruizione diverso, attraverso uno schermo a doppia entrata, che risponde alla nostra curiosità e interagisce, facendo dell’osservatore l’oggetto e il soggetto al tempo stesso.