Da qualche giorno osservava i suoi pensieri privi di spessore e senza contenuto, girotondolava intorno al mondo e alla terra perchè tutto era giù per terra.
Con il secondo intervento, posto in contiguità spaziale con la precedente installazione, Carlo De Meo ha riportato lo sguardo giù per terra, dove la visione si abbassa e l’ombra mutevole si aggrappa alla materia.
In maniera analoga al mito della Caverna di Platone l’ombra ha preso carattere di radice, divenendo appiglio necessario ad un processo di conoscenza in relazione all’universo-mondo.
La ricontestualizzazione di oggetti di uso quotidiano denota la profonda maestria dell’artista nello scomporre e ricomporre la realtà in una danza alchemica in cui un gioco semplice, uno di quelli che si impara da bambini, il girotondo ha assunto le forme di una partitura sopra e sotto cui cogliere fiori blu, rossi, gialli.