Quanto dura un segno fatto con l’acqua sull’asfalto? Ha la durata di un sogno: pochi minuti. Eppure, anche segni inafferrabili, che non presumono significati altri da sé, sparsi e vaganti, a prima vista indefinibili, sono capaci di lasciare tracce indelebili nell’immaginario di chi osserva. Carlo Steiner si aggira per i vicoli di Maranola innaffiando ciò che mai fiorirà: muri, pietre, cemento. Armato dei suoi annaffiatoi, usati come fossero pennelli, ha lasciato tracce in dissolvenza in tutto il borgo durante i giorni e le sere del festival; ha contrassegnato muri e pavimentazioni con la costanza e la spavalderia di un graffitaro, con segni ostinatamente uguali a se stessi, a delineare i confini invisibili di un territorio in cui l’arte e la sua immagine si confondono. Questa azione quasi rituale, surreale e ritmica, dalla struttura aperta, con la cadenza di un mantra, ci ha portati a riflettere sulla responsabilità e sull’autonomia dell’artista e dell’opera d’arte. La questione della smaterializzazione dell’oggetto artistico e della sua presunta oggettività, viene affrontata da Carlo con leggerezza e ironia, spiazzando l’osservatore. Non simulacro, ma segno racchiuso in un gesto archetipico, l’opera di Steiner si innesta nella mente e pone domande, invita ad andare oltre le apparenze, inventarle e chiarirle.